Macaron salati al tamarindo, con avocado, ricotta e "caviale" azzurro








Bisogna ammettere che i macaron sono un pasticcino da intenditori, con tutte le caratteristiche per creare quella sana dipendenza che spesso contraddistingue il rapporto con i cibi che più amiamo. Senza un vero motivo non ne sono mai stata appassionata; in realtà mi è capitato di assaggiarne di meravigliosi e capisco che siano spesso oggetto di adorazione, specie da parte dei bambini, che non resistono di fronte a quella sorta di tavolozza da pittore, a quelle fiches il cui unico valore è il gusto, i mille gusti.

I magnifici macaron sono stati la sfida di questo mese dell’MTChallenge  Ho tentato fino alla scadenza del tempo consentito di partecipare, fallendo miseramente; ci vuole un poco di tempo e “concentrazione” e questo mese sono mancati sia l’uno, sia l’altra. Però volevo esserci, anche se fuori gara. Ringrazio Ilaria Soffici di Sofficiblog per aver lanciato un tema importante, che immagino abbia messo alla prova molti di noi. Senza le sue istruzioni che vanno ben oltre qualunque manuale, anche più accreditato, non ce l’avrei fatta.


La scelta del macaron salato e l’accostamento con il tamarindo
Vi propongo un macaron salato per un apritivo, per intrattenere un gruppo di amici, che si sposi con ottime bollicine. Il punto di partenza è la prima farcia, Ho pensato ad un formaggio cremoso e leggero da abbinare ad un gusto di mare abbastanza “elegante” da reggere il confronto con il super snob dischetto francese, il "caviale" nella versione più povera che ci sia: le uova di Capelin (o Mallotto), un pesce azzurro dei mari del Nord Europa, molto economiche ma non per questo da disdegnare, anzi. Questo succedaneo del caviale ha un gusto delicato ma forse proprio per questo più facile da abbinare in modo originale. Ed ecco l’accostamento con la seconda farcitura: una crema di avocado, per conferire la parte burrosa (oleosa), aromatizzata con un tocco di mentuccia.
Per finire ho aggiunto all’impasto classico del macaron una piccola percentuale di polvere di tamarindo: costituisce la nota acidula, asprigna, che bilancia e tiene a freno il dolce della meringa e al tempo stesso agisce da “ponte” tra il guscio del macaron e le farciture salate.


Informazioni tecniche
Per tutto ciò che riguarda la realizzazione dei macaron secondo la ricetta di Pierre Hermé vi rimando al post esaustivo e chiarissimo di Ilaria, come già accennato.

Per quanto riguarda la scelta del tipo di meringa da realizzare (italiana o francese) 
io ho scelto la prima. Il dosaggio per i macaron è diverso rispetto 
a quello della meringa classica (100 g di acqua + 400 g di zucchero portati 
alla temperatura di 121 °C; 100 gr. di zucchero + 250 gr. di albumi 
in planetaria), perché rientrano nella pasticceria morbida, per la quale è necessario un grado di idratazione maggiore. Inoltre, invece di lasciar montare fino quasi a raffreddamento, la meringa è pronta quando raggiunge i 45-50 °C.

Per quanto riguarda la cottura, altro momento critico, mi sento di consigliare a chi si accinge a realizzarli per la prima volta di provare a infornare i macaron su teglie di diverso materiale e a differenti altezze all’interno del forno. Anche questo può fare la differenza, visto che la propagazione del calore è uno degli aspetti decisivi affinché l’impasto si cuocia realizzando una crosticina croccante e un ripieno morbido.

Pochage: l'impasto viene posizionato nello stampo in teglia


Croutage: i gusci hanno riposato e si è formata una pellicola asciutta in superficie



Dopo la cottura



Per i macaron con meringa italiana

300 di zucchero a velo, 260 g di farina di mandorle, 40 g di polvere di tamarindo, colorante nero in polvere idrosolubile q.b. per ottenere un colore marrone intenso: 110 di albume: unire la farina e le polveri, miscelare e setacciare, poi incorporare gli albumi.
300 g di zucchero semolato, 100 g di acqua, 110 g di albume: porta l’acqua e i 300 g di zucchero a 110 °C; raggiunta questa temperatura inizia a montare gli albumi nella planetaria; incorpora a filo lo sciroppo di zucchero e continua a montare fino a raggiungere i 50 °C circa. Aggiungi la meringa così ottenuta al composto di farine e albume, incorporandola con più inserimenti in successione.

Inserisci il composto in un sac a poche e forma dei cerchi di 8 cm di diametro su carta da forno o su silpat appositamente stampato per macaron. Lascia riposare fino al momento in cui ogni macaron avrà formato una leggera crosticina superficiale. Inforna a 180 °C in forno statico per 3 minuti, poi continua la cottura a 145 °C per 10 minuti circa*.
*Le istruzioni sulla cottura sono sempre da considerare indicative.


Per le farciture

100 g di ricotta di pecora, 20 g di uova di Capelin, 30 g di kefir, scorza di limone, sale, pepe nero: ammorbidisci la ricotta con il kefir, aggiungi la scorza di limone grattugiata, il sale e il pepe e crea una mousse consistente. Riempi un sac a poche munito di punta 4 e farcisci metà dei macaron. Adagia delicatamente lungo il lato esterno della farcia le uova di Capeline spolverizza con un pizzico di pepe nero. Servi subito.


100 g di avocado maturo, due rametti di mentuccia (tieni da parte le foglie più piccole per guarnizione), sale, olio extravergine di oliva delicato, succo di mezzo limone: lavora la polpa di avocado con una forchetta fino a ridurla ad una crema liscia, aggiungi il succo di limone e 10 foglie di menta tritate finemente, aggiusta di sale ed olio e trasferisci il composto in un sac a poche munito di punta 4. Farcisci metà dei macaron preparati e decorali con le foglie di mentuccia tenute da parte. Servi subito.









Maqui e murta: una coppia vincente. Un matrimonio che dire riuscito è dir nulla. A benedire l’unione, la regione di Los Rios, nel Cile centro meridionale, dove le popolazioni Mapuche tennero testa ai colonizzatori per oltre tre secoli e dove tuttora lottano per il rispetto della loro cultura e il superamento delle discriminazioni.
Il maqui è il mirtillo cileno della Patagonia. I produttori de “La Colonia” nella regione della Valdivia ne ricavano, tra le altre cose, una confettura dall’incredibile colore nero-blu, aroma caratteristico, intenso e astringente al gusto.
La murta è il mirto, anch’esso originario della stessa regione, rosso o bianco, dalla consistenza mielosa e dal sapore dolcissimo e lievemente burroso.

mirto cileno



mirtillo cileno




Ne ho scoperto e apprezzato la bontà al Salone delGusto 2016. Le ho assaporate durante la festa del Terra Madre Day di Slow Food Roma, per il quale ho lavorato, occupandomi del buffet salato. Con Emanuele Montana, il pasticcere e proprietario di “GelateriaRetrò, che ha preparato i dessert in occasione dell’evento, abbiamo proposto le confetture in abbinamento ad un gelato gastronomico al Parmigiano Reggiano (ancora mi commuovo al pensiero di quanto mi sia piaciuto, non riuscendo a smettere di assaggiarlo, cucchiaino dopo cucchiaino).
Con queste due confetture nelle mie mani, provando ora il mirto ora il mirtillo, mi sono convinta che uniti insieme potevano generare una confettura nuova, in cui la dolcezza del primo si stemperava nell’aroma acidulo del secondo, esaltandosi a vicenda.
Ne è nata questa crostata, un dolce lineare e semplice, un mero guscio che restituisce con fedeltà le caratteristiche tipiche delle bacche di murta e maqui. 


Nota dolente: non sapevo che anche il mirtillo cileno fosse finito tra i “super food” dalle insospettate proprietà “allungavita”, oggetto di culto per medici e fissati della perfetta forma fisica. Resto in attesa che passi anche questa moda, nella speranza che ciò comporti per i produttori solo un incremento nelle vendite e non la distruzione di un patrimonio.

 Per tutte le informazioni tecniche sulla realizzazione di un guscio di frolla potete leggere QUI




Dosi per una crostata di 20 cm di diametro (la quantità di frolla risulterà in eccesso se realizzate solo il guscio inferiore (come nell’immagine), poiché la dose tiene in considerazione la possibilità di decorare la superficie con ulteriori strisce di frolla).
Ti serviranno: uno stampo a cerchio microforato, una teglia e un tappetino in silicone microforati.


Per la pasta frolla Milano
 250 g di farina 00 debole, 125 g di zucchero a velo, 125 g di burro, 50 g di uova intere, 2 g di buccia di limone e/o di arancia, i semi di mezza bacca di vaniglia, 2 g di sale: nella planetaria munita di foglia fai “sabbiare” il burro tagliato in piccoli pezzi con la farina setacciata, gli aromi e il sale; quando il composto avrà raggiunto la consistenza di una polvere sabbiosa, unisci lo zucchero e infine le uova e fai amalgamare il tutto. Togli dalla planetaria e stendi l’impasto tra due fogli di carta da forno allo spessore di 0,5 mm -  1 cm. Riponi in frigorifero per alcune ore.


Per il ripieno
150 g di confettura di maqui, 150 g di confettura di murta, 3 cucchiaini di fecola di patate, 100 g di noci e mandorle tritate grossolanamenteMetti in un tegame le due confetture e porta a bollore; stempera la fecola di patate in due cucchiai di confettura calda e unisci il composto al resto, lasciando sul fuoco per 2-3 minuti a fiamma bassa per attendere che raggiunga la giusta consistenza. Fai raffreddare.
Realizza il fondo del guscio coppando con lo stampo ad anello il primo strato di frolla stesa in precedenza. 
Adagialo su un foglio di silicone microforato all’interno dell’anello. Ritaglia una striscia di pasta frolla con il secondo strato steso, in modo che abbia la lunghezza della circonferenza dell’anello e un’altezza di 2,5- 3 cm. Attaccalo internamente all’anello facendo una leggera pressione in modo che aderisca perfettamente.
Riempi il guscio con la confettura e ricopri la superficie con le mandorle e noci tritate. Metti in forno a 160 °C per 30 minuti circa. Sia la modalità statica, sia quella ventilata possono dare entrambe ottimi risultati. In questa occasione ho abbinato le due, cuocendo nei primi 20 minuti con il forno statico e poi passando al ventilato.
Lascia freddare completamente prima di sfornare dall’anello e spolverizza con zucchero a velo.



















© Gourmandia

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